lunedì 29 marzo 2010
Le Cattedrali Gotiche
Una delle tante storie sorte intorno alle Cattedrali Gotiche afferma che basterebbe trovare la pietra giusta, rimuoverla, e l’intera cattedrale si affloscerebbe come un castello di carte. C'è chi afferma che i loro costruttori fossero gli eredi spirituali di Hiram, il mitico architetto dell'antico Tempio di Gerusalemme, mentre sarebbero stati i Cavalieri Templari a indagare sugli antichi segreti ebraici nascosti nel sottosuolo di quel paese, a scoprire, in qualche nascondiglio sopravvissuto alla distruzione del Tempio, le "Leggi Divine dei Numeri, dei Pesi e delle Misure" che governano questo tipo di costruzioni.
Resta il fatto che le leggende sulle cattedrali iniziarono a fiorire fin dalla loro origine, e che questa stessa origine è ancora oggi avvolta nel mistero; questi edifici rappresentano uno dei tanti esempi di costruzioni, civiltà, e scuole di pensiero, sorte all’improvviso e senza alle spalle alcun entroterra culturale o architettonico che ne permetta una esatta collocazione nel tempo.
Intorno all’anno 1128, proprio in coincidenza con il ritorno dei Templari in terra di Francia, iniziano a sorgere le prime Cattedrali; esse non hanno nulla in comune con il precedente stile romanico, e gli uomini che vi lavorano appartengono a corporazioni dalle forti componenti esoteriche, quali i Compagnons e i Maçons; la maggior parte degli edifici viene costruita su luoghi che in precedenza avevano ospitato aree sacre, soprattutto in riferimento al culto della Grande Madre, oppure su quelle linee che in seguito verranno chiamate “Punti di forza” e che oggi conosciamo meglio con il nome di Ley Lines.
Sia il decoro interno che quello esterno risentono in maniera quasi ossessiva della presenza di simboli magici e alchemici, tanto che il celebre, quanto misterioso Fulcanelli, definisce a ragione le Cattedrali come “veri e propri libri di pietra”, gigantesche descrizioni dell’opera alchemica o meglio, del percorso iniziatico che l’uomo deve compiere per attuare il passaggio dallo stato bruto e materiale a quello che lo accosta e quasi accomuna a Dio.
Tra i tanti simboli, la rosa è quello più ricorrente, simbolo che si accosta al Graal ed al Sigillo di Salomone, cioè al sigillo alchemico che indica l’esatto tempo da impiegare per la preparazione della Pietra Filosofale.
Altre teoria che vede come protagoniste proprio le Cattedrali Gotiche è quella che le accomuna a dei veri e propri “ricevitori”; esse, in base alla loro disposizione, riceverebbero la potenza solare dal cielo e quella lunare dalla terra, cioè dalle loro stesse viscere; d’altra parte il ricorrere alle simmetrie nella loro costruzione è riscontrabile in molti modi, basti pensare che i pozzi dei sotterranei hanno una profondità che corrisponde all’altezza della guglia più alta, cioè la esteriorizzazione della simmetria tra cielo e terra.
Concludiamo facendo un salto indietro nel tempo ed occupandoci di quello che forse fu il primo della lunga serie di misteri che ancora oggi circondano le Cattedrali Gotiche: siamo nel 1118, Bernardo di Chiaravalle fa il suo ingresso a Chartres seguito da altri otto cavalieri; in quello stesso periodo già in dieci città della Francia si innalzano Cattedrali, Chartres sarà l’undicesima e su una collina già un tempo teatro di riti pagani e druidici si iniziano i lavori sotto la spinta dello stesso Bernardo.
11 Cattedrali, l’undicesima dedicata a Notre Dame, tutte nella stessa zona e tutte volute da Bernardo di Chiaravalle.
Ma il mistero non si ferma qui; quello che inizialmente può apparire come il gesto estremo di un infervorato credente, nasconde in realtà un segreto molto più grande ed impenetrabile; se proviamo infatti ad unire con una matita su una carta geografica, le varie città volute da Bernardo, constateremo che esse sono disposte esattamente come la costellazione della Vergine!
Il Mistero delle Cattedrali ha avuto inizio!
venerdì 26 marzo 2010
Le Dame Bianche
Il fenomeno delle Dame Bianche sembra avere una casistica del tutto particolare nel contesto classico delle apparizioni di Fantasmi. Si tratta di figure eteree che emanano una forte luminosità e per le quali ogni apparizione sembra essere premonitrice di particolari eventi luttuosi. Molti sono i casi storici registrati anche se altrettante sono le tradizioni che riportano la figura della Dama Bianca anche sotto altri aspetti meno inquietanti.
Delle dame Bianche, conosciute anche come Dame Velate, si parla già a partire dal Quattrocento, periodo nel quale iniziarono a circolare le prime voci su queste figure eteree che apparivano nei castelli delle famiglie gentilizie annunciando in genere eventi luttuosi. La più famosa è quella degli Hohenzollern, apparsa per la prima volta nel 1486, che continuò a presentarsi fino al 1861 annunciando la morte di un membro della famiglia. Una Dama Bianca venne avvistata il giorno prima della decapitazione di Maria Antonietta di Francia e proprio da questa apparizione ci perviene l’unica descrizione di questa figura: un volto livido senza occhi, naso e bocca, che lascia dietro di se tracce di colore scuro.
L'appellativo di Dama Bianca è anche dato alle Fate Benefiche presenti in tutta Italia. Una famosa Dama Bianca è presente in Val d'Aosta, una Fata benefica che appare con lunghe vesti bianche nei prati, sulle alture, ai margini dei boschi. In particolare, protegge gli abitanti di Issime e se proprio non le è possibile evitare sventure o disgrazie e avvisa pastori e paesani su possibili pericoli con lamenti e grida acuti e prolungati. Altre dame bianche sono segnalate sul Monte Bianco, sul Monte Rosa e in varie altre località delle Alpi.
Secondo una leggenda gitana esistono tre spiriti del destino, le Dame Bianche. Conoscono il futuro di tutti gli esseri umani fin dalla loro nascita.
Una della Dame predice le cose buone, un'altra le cose cattive, la terza è intermedia.
Le Dame Bianche donarono agli uomini lo Tziganin Tarock affinché essi, sapendo il loro destino, potessero alleviare il peso delle sventure o accrescere le cose positive...è forse questa l'antica arte che ancora oggi usano le maghe zingare per predire il futuro?
Una delle più celebri apparizioni di Dame Bianche in Italia è quella di Massa Carrara; per ben due volte venne avvistata una figura di luce sempre nello stesso posto, tra Via Pandolfino, Via Fonda e Viale Roma.
La figura emanava una forte luminosità, una presenza eterea che sembrava librarsi a mezz'aria senza una meta ben precisa. L'apparizione scomparve con la stessa rapidità con la quale era apparsa dal nulla.
www.robertolapaglia.org
giovedì 25 marzo 2010
Il tempio più antico del mondo
Gobleki Tepe, una collina nel sud est della Turchia: a nord maestose montagne coperte di foreste, a est la pianura di Harran di biblica memoria, a sud il confine con la Siria.
In questo contesto, secondo l’archeologo Klaus Schmidt, si trova il luogo esatto nel quale, per la prima volta, l’uomo iniziò ad erigere i suoi templi in onore della divinità.
La scoperta, effettuata sotto la supervisione di un team di quaranta ricercatori, potrebbe rivoluzionare l’intera storia della civiltà; un sito costruito 11.500 anni fa, circa 7.000 anni prima della Grande Piramide (basandosi sulle datazioni ufficiali), e più di 6.000 anni prima di Stonehenge.
Dalle rovine, ancora in fase di studio, emergono pian piano i tratti di una civiltà antica e, per molti versi, sconosciuta; i primi rilevamenti portano all’idea di un popolo in transizione, cacciatori nomadi che si avviano verso l’agricoltura e le prime forme di città.
Dopo anni di paziente ricerca, Schmidt ha portato alla luce quello che ritiene essere il primo tempio eretto dall’uomo, il primo complesso religioso distribuito su tutta la collina e composto da cerchi di pietre levigate a forma di enormi T, e che sembrano quasi evocare gli enormi monoliti dell’isola di Pasqua.
Anche se non delle stesse proporzioni del già citato Stonehenge, il cerchio più grande misura 30 metri di larghezza, i pilastri sono alti 17 metri, e il numero delle rovine che vengono alla luce e sempre in crescente aumento.
Le nuove scoperte effettuate a Gobekli Tepe potrebbero rivoluzionare e ridisegnare i contorni dell’archeologia ufficiale.
Credit foto: Berthold Steinhilber
martedì 23 marzo 2010
I misteri di Kerala
Una vasta area destinata a contenere sepolture megalitiche, è stata recentemente scoperta in alcuni distretti nord di Kerala (India), durante gli scavi condotti per un progetto di ricerca.
Kerala, per inciso, è anche nota per un fenomeno molto particolare, studiato anche in alcuni ambienti ufologico, caratterizzato da intense precipitazioni di pioggia rossa.
I nuovi ritrovamenti porterebbero nuove prove in favore dell’ipotesi di un possibile legame con la costa mediterranea, in un periodo compreso tra il 6.000 e il 2.000 a.C.
I ricercatori si dimostrano comunque abbastanza cauti in merito alle nuove scoperte, e rimangono in attesa di ulteriori analisi di laboratorio; i collegamenti marittimi tra Kerala e la regione mediterranea, non sono comunque nuovi come ipotesi di ricerca; una delle prove più consistente è quella che deriva dai numerosi cocci di anfore romane scoperti vicino all’antico porto della città di Muziris.
La zona interessata alle recenti scoperte, presenta numerose tombe scavate nella roccia, pozzi, urne, dolmen e costruzioni circolari.
Uno dei manufatti meglio conservati è una enorme porta composta da cinque lastre di granito; la struttura presenta un foro, praticato in una delle lastre, rivolto a est.
Quelle scavate fino ad oggi sono circa 200 sepolture, sparse in un’area di 1.500 metri quadrati, nei pressi dei colli Edakkal.
Credit foto: www.theindu.com
domenica 21 marzo 2010
Misteri di Sardegna: il pozzo bulgaro
Negli anni Ottanta, una archeologa bulgara, Dimitrina Mitova Djonova, portò alla luce un pozzo sacro, un manufatto che avrebbe fatto molto discutere, gettando un ponte tra la Sardegna e la Bulgaria.
Il ritrovamento così sensazionale avvenne sulle sponde del Mar Nero, la l’originalità della scoperta non risiede tanto nel reperto, quanto nella sua straordinaria somiglianza con i pozzi sacri tipici della Sardegna, soprattutto in riferimento a quelli di di Ballao e Paulilatino.
I risultati della scoperta furono pubblicati nel 1983 con il titolo “Megalithischer Brunnentempel protosardinischen Typs vom Dorf Gârlo, bez. Pernik” (“Tempio a Pozzo megalitico protosardo presso l'abitato di Gârlo, frazione di Pernik”), ma passarono del tutto inosservati; soltanto nel 2003 le ricerche vennero riprese da parte di un ingegnere e ricercatore storico cagliaritano, Massimo Rassau, con il supporto di Alessandro Calia (vicepresidente dell'associazione culturale “Sardica” di Sofia).
Secondo gli studi effettuati si tratta di una vera e propria “anomalia” archeologica, visto che quel pozzo non dovrebbe esistere, tranne accettando l’idea che gli antichi sardi fossero giunti in quella zona e ne avessero curato la costruzione.
I pozzi sono esattamente identici, ma chi costruì il manufatto in Bulgaria, e per quale motivo?
Rimane da escludere che due popolazioni, così geograficamente e culturalmente lontane, siano riuscite a risolvere il problema idrico allo stesso modo, e comunque si tratta di una ben strana coincidenza, tranne pensare che gli antichi abitanti della Bulgaria giunsero fino in Sardegna o viceversa.
In ultima analisi è anche doveroso registrare che la tipologia costruttiva di una fonte, un pozzo o una cisterna circolare con falsa cupola, alla quale si accede tramite una scala, è presente in altre aree che si affacciano sul Mediterraneo: Palestina, Creta, Grecia e Turchia. Tali somiglianze porterebbero ad affermare che quelli presenti in Sardegna non sono elementi esclusivi dell'Isola.
Alcuni autori stranieri ipotizzano che questo tipo di costruzione sia da attribuire alla civiltà micenea, ma in ogni caso rimane il fattore temporale; le costruzioni alle quali è stata riconosciuta la valenza di pozzo sacro risultano essere geograficamente sparse ma ascrivibili a periodi storici molto diversi e lontani tra loro.
Unica matrice che li accomuna potrebbe essere, ed è sicuramente, quella religiosa, eppure una traccia che porta all’ipotesi di navigatori Sardi in Bulgaria esiste, e sarebbe auspicabile uno studio molto più approfondito in tal senso.
Questa sottile “prova”, questo esile filo che potrebbe unire storicamente le due regioni, si trova proprio in un saggio della stessa archeologa bulgara autrice della scoperta; si tratta di uno studio sulle migrazioni dei popoli semiti nei territori dell'attuale Bulgaria, pubblicato in “Bulgarians and Jews”, nel quale la migrazione dei Sardi verso le aree dell'Asia Minore viene evidenziata dai “toponimi etnici” che iniziano per Sard o Serd; in Lidia gli abitati di Sard e Sardis, in Misia la città di Sardesos e la montagna di Sardine, in Tracia la località di Serdi o Sardi, e in ultimo, proprio l'antico nome di Sofia, capitale della Bulgaria, ovvero Serdika o Sardika.
Fonte e credit foto: www.andreamameli.it
sabato 20 marzo 2010
Archivio Segreto Vaticano
Il Vaticano apre un nuovo spiraglio agli studiosi, rendendo noti ben 105 documenti contenuti nel suo vasto Archivio Segreto, diciannove dei quali mai resi pubblici.
La raccolta completa delle nuove “rivelazioni” è diventata un libro in edizione speciale si sole 33 copie, al prezzo di quasi 5.000 euro a volume.
Sembra più una operazione commerciale che non un’apertura a supporto della ricerca storica, anche se il numero esiguo di copie prodotte lascia abbastanza perplessi.
Esaminando il contenuto del volume, il dubbio appena espresso assume maggior consistenza; una supplica scritta su corteccia di betulla da una tribù di Indiani del Nord America, una lettera del 1246 scritta dal Gran Khan dei Mongoli Güyük, un documento del 1863 inviato da Jefferson Davis (presidente degli Stati Confederati), a Pio IX, una richiesta di pagamento da parte di Michelangelo relativa ai lavori nella Cappella Sistina.
Tra le vetuste carte, spicca comunque (almeno per quel che riguarda i nostri particolari interessi), una pergamena ingiallita, redatta in nero, che rivela i dettagli delle prove raccolte a sostegno dell’accusa di eresia mossa contro i Cavalieri Templari, e la grazia concessa tempo dopo da Papa Clemente V.
Coloro che non riusciranno ad entrare in possesso del prezioso volume, dovranno accontentarsi di alcuni download gratuiti messi a disposizione dal sito dell’Archivio http://asv.vatican.va/home_it.htm.
Credit foto: franklin hotel Roma
venerdì 19 marzo 2010
Dwarka: la Città d'oro
Golfo di Cambay, India: anni fa vennero scoperti i resti di una grande città sommersa, duemila anni di storia conservati quasi intatti nelle profondità marine; una scoperta che anticiperebbe di 5.000 anni la civilizzazione della regione. Il ritrovamento venne ribattezzato come Dwarka, la “Città d’oro” sacra al Dio Krishna.
Oggi, nuovi ritrovamenti posti all’attenzione degli archeologi, potrebbero permettere di determinare l’esatta età delle rovine.
I reperti in questione provengono da una struttura sommersa di forma circolare, costituita da blocchi riuniti insieme da enormi tasselli di legno e chiodi, sopravvissuti in parte alle forti correnti marine.
Questi fortuiti ritrovamenti permetteranno agli archeologi di utilizzare le tecniche previste per la datazione e stabilire una data quasi certa che collochi storicamente le rovine; i ritrovamenti finora effettuati non si prestavano a questo tipo di esame, trattandosi nella maggior parte dei casi di pietre, perline e frammenti di terracotta, cioè materiali che non necessariamente potrebbero appartenere all’antica città.
I rilevamenti, iniziati a gennaio del 2010, si sono conclusi, almeno per adesso, soltanto la settimana scorsa; non resta che attendere ulteriori sviluppi dal Centro di Archeologia Subacquea Indiano.
Fonte e credit foto: www.dnaindia.com
giovedì 18 marzo 2010
Il pane "maledetto"
Nel 1951, gli abitanti di un tranquillo villaggio nel sud della Francia vennero improvvisamente colpiti da sintomi di follia di massa e allucinazioni. Almeno cinque persone rimasero vittime di questa misteriosa epidemia, mentre diverse decine furono gli internati nei manicomi.
Per decenni si ipotizzò che il pane locale fosse stato involontariamente avvelenato con delle sostanze psichedeliche, ma in questi giorni una ricerca, condotta da un giornalista investigativo americano, ha portato alla luce una ben più tragica verità.
Gli episodi di follia collettiva che si verificarono nel villaggio di Pont-Saint-Esprit, furono in realtà il risultato di un esperimento di controllo mentale.
Il cibo locale, nel nostro caso il pane, venne contaminato con un estratto dell’LSD, seguendo un esperimento condotto dalla CIA al culmine della Guerra Fredda.
I risultati furono devastanti; gli abitanti del villaggio correvano terrorizzati per strada, credendo di essere inseguiti da esseri spaventosi o dal fuoco; un uomo tentò di annegarsi per sfuggire a centinaia di serpenti, un altro ancora si lanciò da una finestra credendo di essere un aereo.
I risultati delle indagini, in seguito, spiegarono che un panificatore locale aveva involontariamente contaminato l’impasto con farina di segale cornuta; una successiva teoria parlò di contaminazione con mercurio organico.
HP Albarelli Jr., un giornalista investigativo, ha documentato in una sua ricerca, che si trattò di un esperimento segreto, diretto dalla CIA e dalla Divisione Operazioni Speciali di Fort Detrick, nel Maryland.
Indagando sul suicidio di Frank Olson, un biochimico che lavorava proprio per la Divisione Operazioni Speciale, Albarelli si è imbattuto in alcuni documenti, in particolare su una nota che trascrive la conversazione tra un agente della CIA e un funzionario della Sandoz Farmaceutici.
Nella nota si fa chiaro riferimento al villaggio francese, oltre che identificare l’agente estraneo contenuto nel pane come Dietilamide, una delle più potenti sostanze psichedeliche conosciute.
Si trattò quindi di un “incidente” durante lo svolgimento dell’esperimento, una “disattenzione” che costò parecchie vittime.
I contenuti e gli approfondimenti relativi alle indagini condotte da Albarelli, sono contenute nel suo libro “A Terribile Mistake: the murder of Frank Olson and the CIA’s Secret Cold War Experiments”.
Fonte: unexplainedmysteries.com
mercoledì 17 marzo 2010
Il Basilisco
Il Basilisco, creatura mitica dei bestiari e delle leggende greche ed europee, viene rappresentato come un serpente alato, con testa e zampe di gallo e occhi dallo sguardo che uccide. Si tratta di un essere misto che non ha mai avuto alcun riscontro in natura, ma che unisce in sé i tratti morfologici di diversi animali. Il termine deriva dal greco e, secondo Plinio, ha probabilmente a che fare con il nome attribuito al velenoso serpente coronato, detto “basiliskos” o anche “regulus” (piccolo re), per via delle macchie chiare che ha sulla testa e che danno l’idea di una coroncina. Il Basilisco nasce quando un vecchio gallo (nero), depone un uovo che viene covato nel letame da un serpente o da un rospo. Dimora solitamente in grotte, sotterranei e pozzi, dove custodisce tesori. Il suo soffio è velenoso e il suo sguardo mortale, ma lo si può sconfiggere mettendogli davanti uno specchio e facendolo così morire del suo stesso sguardo. Può anche essere ucciso dalle donnole.
Come la maggior parte di questi leggendari esseri misti, la figura del Basilisco ha origini orientali; secondo Plinio viveva in Libia, ma era anche molto diffuso in Egitto. Nella Bibbia il Basilisco appare sotto forma di un serpente velenoso, mentre Isidoro di Siviglia lo definisce “regulus volans” e Ugo di San Vittore, nel suo libro dei salmi, lo chiama “rex serpentium” (re dei serpenti). In Occidente è Santa Ildegarda di Bingen che lo descrive per la prima volta, parlandone come di un essere che nasce da un uovo di gallo o di serpente covato da un rospo. Anche Pierre de Beauvais sostiene che il basilisco nasce da un uovo di gallo, e che per difendersi da lui basta mettersi sotto una campana di cristallo che non faccia passare il suo soffio avvelenato; questa stessa immagine è rappresentata su un capitello della chiesa di Vézelay. Una curiosità storica: nel 1474, il Consiglio di Basilea, condannò a morte un gallo di undici anni che, a quanto si diceva. aveva deposto un uovo. La bestia fu decapitata il 4 agosto 1474, il suo corpo fu bruciato e anche il suo presunto uovo dato alle fiamme. In realtà, questi processi a carico di animali sono documentati più volte nella storia; venivano intentati soprattutto in ragione del comportamento della bestia; in questo caso il fatto di deporre uova era contro natura, quindi opera del diavolo. Una leggenda locale viennese parla di un Basilisco che viveva in un pozzo della Schonlaterngasse, dove ancora oggi si può vedere una sua riproduzione. Nel linguaggio allegorico degli alchimisti il Basilisco indica la Pietra Filosofale.
Credit foto: www.elfwood.com
Cross correspondences
Il termine "Cross correspondences" (Corrispondenze incrociate), viene usato per indicare una serie di esperimenti, portati avanti da Frederick Myers, a sostegno dell'ipotesi della vita dopo la morte.
Si tratta di una serie di messaggi, destinati a vari medium residenti in diverse parti del mondo, che presi singolarmente non hanno alcun particolare significato, ma che esprimono un senso compiuto quando vengono letti insieme.
Subito dopo la morte di Myers, avvenuta nel 1901, una dozzina di medium iniziarono a ricevere messaggi sotto forma di scrittura automatica; si trattava di persone completamente estranee tra loro, abitanti in stati diversi e che prima di questi fatti non si erano mai incontrati.
Nella maggior parte dei casi, i messaggi trattavano materie classiche, erano riportati in latino o in greco (lingue che molti dei medium non conoscevano), e non avevano nessun senso compiuto.
Ogni comunicazione si chiudeva con l'invito a farla autenticare e trasmetterla a un indirizzo in particolare; quando tutti i messaggi vennero messi insieme combaciarono in maniera sorprendente.
Questo tipo di fenomeni si protrasse all'incirca fino al 1930, e non soltanto in riferimento ai messaggi dettati da Myers; nel giro di trent'anni si registrano più di tremila comunicazioni, che riunite insieme diedero vita a ventiquattro volumi per circa dodicimila pagine.
Oggi il fenomeno viene seguito nei circoli privati e dalle associazioni di ricercatori e divulgatori della tesi spiritica; tra coloro che approfondirono e continuano a studiare il fenomeno è opportuno ricordare Colin Brookes-Smith, che ne descrisse e confutò l'originalità in un articolo apparso sul Society for Psychical Research Journal, e lo scrittore britannico Colin Wilson.
martedì 16 marzo 2010
Amazzonia: un nuovo enigma
Una civiltà sconosciuta che costruiva terrapieni ortogonali geometricamente perfetti, collegati da strade dritte, sfruttando sia le pianure alluvionali che la montagna; questi i primi risultati evidenziati da alcune foto satellitari scattate nella foresta pluviale.
Il sito in questione, individuato come area di disboscamento per agevolare il pascolo nell’alto bacino amazzonico, si è rivelato essere la culla di una misteriosa civiltà che potrebbe rivaleggiare, per lo sviluppo raggiunto, a quella Incas o Azteca.
Sul lato est delle Ande, per circa 250 chilometri, oltre duecento strutture gigantesche prospettano l’esistenza di un popolo ancora sconosciuto; nonostante siano già venuti alla luce strumenti di pietra, frammenti di ceramica e altri manufatti, i ricercatori impegnati in questa scoperta, ritengono che si tratti soltanto di un decimo della reale portata di queste antiche meraviglie.
La nuova scoperta riapre la questione relativa alla storia dell’Amazzonia; si è sempre pensato a questo luogo come fisiologicamente inadatto ad ospitare una grande civiltà, parzialmente abitato da piccole tribù primitive e non stanziali.
I nuovi ritrovamenti sembrano suggerire nuove prospettive storiche , e viene a questo punto da chiedersi se la fantasia che ispirò Conan Doyle per il suo “The Lost World”, e che guidò Fawcett alla ricerca della misteriosa città di Z, non trovi molto presto un reale riscontro.
Fonte e credit foto: Discovery News
lunedì 15 marzo 2010
Nazca: nuovi misteri
“Nasca Lines: The Buried Secrets”, è un nuovo documentario prodotto dalla Edge Productions West, sui misteri che ancora avvolgono le misteriose linee presenti nel deserto meridionale del Perù.
Si tratta di oltre 13.000 linee che formano circa 800 disegni, visibili dall’alto, molti dei quali sono forme di animali stilizzati; di certo uno degli spettacoli più noti del mondo antico, ma anche uno dei più misteriosi.
Un enorme calendario astronomico? Antiche piste di segnalazione? Quale era il loro vero scopo?
Le ultime notizie su Nazca provengono dall’archeologa Christina Conlee, e si riferiscono agli scavi effettuati nelle montagne circostanti, alla ricerca di indizi che possano fornire maggiori informazioni in merito ai costruttori delle linee.
I ritrovamenti effettuati dall’archeologa riguardano lo scheletro di un ragazzo, sepolto ritualmente dopo essere stato sottoposto a decapitazione.
Nello scavo, al posto della testa mancante, venne deposto un vaso di ceramica, decorata con la rappresentazione di una testa decapitata e di un albero che sembra sorgere dal cranio.
Per quale motivo un giovane ragazzo venne decapitato e poi sepolto con onore? Un sacrificio? Come collegare tale evento, qualora sia collegabile, con la realizzazione della linee?
A rendere ancora più macabra l’intera vicenda, si aggiunge il successivo ritrovamento di varie fosse comuni, contenenti resti di cadaveri con la testa mozzata.
In attesa di ulteriori sviluppi e di analisi più approfondite sui reperti, l’enigma Nazca rimane aperto e continua a sollecitare le nostre più ardite fantasie.
Fonte: unexplained mysteries.com
domenica 14 marzo 2010
Steganographia
“Steganographia” è il titolo di un testo cinquecentesco redatto dall’Abate Tritemio e dedicato ai codici cifrati, forse lo stesso testo che, in una versione data alle fiamme dalla Chiesa, avrebbe contenuto il segreto per comunicare a qualunque distanza senza l’ausilio di lettere o di messaggeri.
Tritemio nacque nella Contea di Treviri il 1° Febbraio 1462; nel 1479 la svolta nella sua vita, l’incontro con un non ben identificato Maestro Rosa+Croce del quale non rivelò mai il nome. Durante i suoi studi, per recuperare il tempo perduto, imparò alla perfezione l’ebraico, il latino e il greco, approfondì il pensiero antico e medioevale, documentandosi inoltre sulla storia passata; nel 1483 prese i voti in un monastero benedettino, giurando fedeltà alla Regola; di questo stesso monastero diverrà in seguito Abate, governando una comunità di circa duecento monaci all’età di soli 22 anni.
In breve tempo Spanheim, il monastero retto da Tritemio, divenne famoso in tutta la Germania, così come altrettanto famoso divenne il suo rettore, tanto che personaggi quali Paracelso e Agrippa si recavano da lui per consulti; la sua fama divise la gente tra coloro che lo ritenevano un Santo e coloro che vedevano in lui un Mago.
La sua grande popolarità gli si rivolse ben presto contro; lui, i monaci insofferenti lo deposero dalla carica di Abate e Tritemio rimase in volontaria solitudine nell’Abbazia di San Giacomo per oltre dieci anni, meditando e scrivendo fino al 1516, anno nel quale morì.
La stesura del volume Steganographia è collocabile intorno al 1500, anche se lo stesso venne pubblicato per la prima volta nel 1606 a Francoforte; il testo venne quindi tramandato per mezzo di copie scritte a mano, ed è facile supporre che molti degli errori pervenuti nell’edizione stampata, e in quelle che la seguirono, siano proprio da imputare a cattive trascrizioni manuali.
L’intenzione di Tritemio era quella di insegnare un modo per comunicare celando in un testo, a prima vista normale e quasi insignificante, un secondo messaggio ben più importante e occulto; non tutti però abbracciano questa ipotesi e molti vedono in questo libro un codice completo, ma irrimediabilmente mutilato dalle censure ecclesiastiche, per accedere a conoscenze ultraterrene. Il testo Steganographia si compone di tre libri, i primi due riportano le invocazioni agli spiriti nelle varie ore del giorno, il terzo, invece, è ricco di tabelle numeriche per calcoli astronomici; ciascuna invocazione comincia con il nome dello spirito da invocare seguita da parole apparentemente senza senso, che probabilmente celano il vero testo lasciato da Tritemio.
Forse l’intenzione dell’Abate era effettivamente quella di insegnare e spiegare un sistema di crittografia, forse non lo era affatto, le domande ancora rimangono e le risposte che ci pervengono da entrambe le chiavi di lettura non soddisfano pienamente il mistero che circonda ancora oggi la Steganographia.
sabato 13 marzo 2010
Destini incrociati
Esiste realmente il destino? Saremmo tentati di rispondere negativamente, aggiungendo che il destino nasce giorno dopo giorno dalle nostre iniziative, dalle scelte che portiamo avanti; questa affermazione, pur trovandoci tutti d’accordo, spesso è costretta a scontrarsi con alcuni fatti che lasciano spazio ad alcuni dubbi.
Singolari coincidenze
I fatti che mi appresto a riportare potrebbero benissimo essere definiti come degli strani scherzi del destino, così come si potrebbe tentare di leggervi un ben preciso piano, un percorso ciclico che non conosce soste e si riproduce nel tempo, spingendoci a formulare un angosciante quesito: tutti gli eventi, in assenza di presunte connessioni casuali dimostrabili, rappresentano davvero una coincidenza?
Si tratta di semplici “scherzi” del destino, oppure siamo in qualche modo noi stessi, volontariamente o meno, responsabili di tali avvenimenti?
IL FATIDICO NUMERO 21
Luigi XVI, ancora fanciullo, venne messo in guardia da un noto astrologo del tempo; avrebbe dovuto fare molta attenzione il 21 di ogni mese.
Questa raccomandazione lo terrorizzò a tal punto che, in seguito, decise di non intraprendere mai nulla durante quella data fatale.
Ma il destino tesseva ben altri piani: il 21 giugno 1791, Luigi XVI viene arrestato a Varennes insieme alla Regina; il 21 settembre dell’anno successivo la Francia abolisce la Monarchia e instaura la Repubblica; il 21 giugno 1793 Luigi XVI sale sulla ghigliottina!
UN ANNIVERSARIO INCONSUETO
Augustus J. C. Hare era uno scrittore e pittore del periodo vittoriano; intorno al 1830 venne dato in adozione, a soli quattordici mesi.
Diciassette anni dopo, nell’anniversario della sua adozione, si recò a Mannheim, e cenò nello stesso albergo dove venne ceduto a sua zia, che era anche la sua madrina di battesimo.
La sera, ritornando alla stazione, incontrò sul marciapiede una donna che piangeva disperatamente stringendo tra le braccia un bambino; si avvicinò chiedendolo cosa le fosse accaduto, ma la risposta gli fece raggelare il sangue nelle vene: “…si tratta di mio figlio, ha soltanto quattordici mesi e mi lascerà per sempre con il prossimo treno in arrivo. Deve essere adottato da sua zia, che è anche la sua madrina, e non lo rivedrò mai più…”!
GIOCHI DEL DESTINO
Nel 1858, Robert Fallon, del Northumberland (Inghilterra), venne accusato di barare al poker in un saloon di San Francisco.
In seguito al diverbio venne ucciso da un colpo di pistola; prima dell’arrivo della polizia il suo posto venne preso dal primo passante che trovarono per strada, dato che all’epoca si credeva che il denaro vinto con l’inganno portasse sfortuna.
Il ragazzo portò la vincita a 2.200 dollari e all’arrivo della polizia si scoprì che era il figlio di Fallon e non vedeva il padre da ben sette anni!
UN INUSUALE TERZETTO
Nel 1920, in Perù, tre inglesi si ritrovarono a viaggiare sullo stesso vagone e di esserne gli unici occupanti.
Passati alle presentazioni lo stupore aumentò; il cognome del primo era Bingham, quello del secondo Powell, e quello del terzo Bingham-Powell!
AL POSTO GIUSTO NEL MOMENTO GIUSTO
Durante gli anni ’30, Joseph Figlock si trovava a percorrere una strada di Detroit, quando un bambino gli cadde addosso dalla finestra di un piano alto.
Un anno dopo, lo stesso bambino, gli cadde nuovamente addosso dalla stessa finestra. I due sopravvissero entrambe le volte!
IL LACCIO EMOSTATICO
Sempre durante gli anni ’30, una notte di giugno, Allan Faby, capitano della polizia stradale a El Paso, in Texas, stava inseguendo un camion che viaggiava a velocità eccessiva.
Il mezzo frenò improvvisamente e Falby lo investì in pieno, recidendosi l’arteria di una gamba.
Alfred Smith si trovò casualmente ad assistere all’incidente e subito soccorse il poliziotto improvvisando un laccio emostatico e salvandogli la vita.
Cinque anni dopo, Falby si trovava nuovamente a svolgere il servizio notturno, quando venne avvertito di un grave incidente sulla statale 80.
Accorso prontamente sul posto trovò un uomo privo di sensi che stava per morire dissanguato a causa di una arteria recisa.
Improvvisando un laccio emostatico arrestò l’emorragia e gli salvò la vita; quando osservò meglio il ferito scoprì con stupore che si trattava di Alfred Smith!
venerdì 12 marzo 2010
Misteri siciliani: "Santuna"
Anticamente, sul monte Ida, gli spiriti danzavano agli ordini della Grande Madre, battendo le armi e gli scudi per distrarre il terribile Crono.
Questo è quanto racconta la mitologia intorno a questo monte sacro identificato nella Troade, in Asia Minore; in realtà i monti Ida sarebbero due: il primo è quello del quale abbiamo appena parlato, mentre il secondo si trova nell'isola di Creta.
Questa mitica altura è connessa al nome di una antica Dea, Ida o Da, nome che venne in seguito conservato nella figura di Demetra.
Gli echi della Grande Madre sono ancora oggi palpabili in alcune località della Sicilia; quella che abbiamo scelto oggi si trova nei pressi di Palazzolo Acreide e, anche se poco conosciuta, conserva un antico mistero legato proprio al culto di Cibele, la Grande Madre del monte Ida.
I Santuna ai quali facciamo riferimento sono dodici enormi altorilievi, realizzati intorno al III Secolo a.C., che emergono dalla roccia bianca, inquietanti presenza per la gente del luogo, che ancora oggi lascia intravedere un velato senso di antica riverenza.
Le prime testimonianze scritte risalgono alla seconda metà del Settento, redatte dal Principe Ignazio Paternò Castello, profondamente colpito dall'aura mistica che sprigionava l'intero sito archeologico.
Pochi anni dopo, Jean Houdel, pubblica l'opera "Voyage pittoresque", dedicando ai Santuna ben tre tavole; le riproduzioni, non proprio fedeli, portarono a confondere l'effige della Grande Madre con una divinità degli inferi, innescando un pensiero ai limiti della superstizione che sopravvisse per decenni.
Quello che rimane è comunque il maggior santuario finora noto, dedicato al culto della Dea Cibele, una intera montagna posta a testimonianza della Grande Madre, dove tutto è sacro poichè parte viva della Dea, comprese le balze selvagge nella quali vennero scolpite le sue immagini.
Una testimonianza poco conosciuta ancora in attesa di essere approfondita, custode di un antico passato che grida ancora i suoi misteri e non trova spesso orecchie disposte all'ascolto.
giovedì 11 marzo 2010
Le fontane dei Maya
In uno studio pubblicato sul Journal of Archaeological Science, l’antropologo Kirk French e l’ingegnere Christopher Duffy fanno il punto su un condotto progettato per generare acqua pressurizzata a Palenque (Messico), un grandioso centro urbano Maya.
“Gli antichi Maya sono rinomati come grandi costruttori, ma sono raramente considerati dei grandi ingeneri. Le loro costruzioni, sebbene spesso grandi e imponenti, sono generalmente ritenute non sofisticate”, dicono gli autori dello studio. Tuttavia, molti centri Maya mostrerebbero degli avanzati impianti per “manipolare in qualche modo l’acqua per vari scopi”.
Palenque, fondata intorno al 100 d.C., arrivò a contare circa 1500 fra templi, case e palazzi, intorno all’800. Il suo antico nome, Lakam Ha’ (Grandi Acque), è significativo: qui si trovavano 56 sorgenti, 9 corsi d’acqua perennemente navigabili, acquedotti, laghetti, dighe e ponti.
Un acquedotto di circa 66 metri, datato dal 250 al 600, è un eccezionale esempio di ingegneria idraulica: questo condotto rettangolare era interrato lungo un ripido pendio e si restringeva bruscamente alla fine.
Oltre a conservare l’acqua per i periodi aridi, secondo i calcoli eseguiti il getto d’acqua che si sarebbe potuto sprigionare avrebbe raggiunto i 6 metri di altezza.
Fonte: USA Today
mercoledì 10 marzo 2010
NEL SEGNO DELLE PIRAMIDI
Un possibile collegamento antidiluviano per la piana di Giza. Teorie, prove e ragionevoli dubbi potrebbero riaccendere il dibattito mai sopito sulla origine delle Piramidi.
Un problema di angolazione.
Da quando gli studiosi scoprirono l’egittologia, il mondo intero venne a conoscenza di uno dei misteri più antichi e più affascinanti lasciatoci in eredità dalla storia, quello delle Piramidi.
Seguendo una linea di pensiero molto generalizzata, le Piramidi erano indubbiamente delle tombe; le ultime dimore dei Faraoni, immensi tumuli nei quali si trovavano le camere mortuarie, organizzate in maniera tale da impedire il più a lungo possibile gli eventuali saccheggi da parte dei predoni.
Nella fattispecie rimangono comunque molti misteri non ancora risolti, uno dei quali è sicuramente quello che interessa le tre Piramidi principali poste nella Piana di Giza; se infatti le tombe dei Faraoni sono costituite dall’abile sovrapposizione di mattoni in terra cruda, lo stesso non vale per le altre, vere e proprie pile di pietre tagliate, perfettamente assestate senza fare uso di malta, allineate e squadrate in maniera tale da non poter infilare tra i blocchi nessun tipo di lama, neanche la più sottile.
A questo quadro costruttivo bisogna aggiungere due considerazioni: in primo luogo appare evidente che le Piramidi, o quantomeno le tre principali, vennero costruite in un solo colpo, seguendo un progetto completo e senza ripensamenti o ritocchi; in secondo luogo appare altrettanto evidente che gli eredi di questi costruttori sembrano non avere alcuna idea dei procedimenti adottati in precedenza, e il risultato è abbastanza visibile nei ritocchi e nei cambi di progetto apportati alle costruzioni successive.
Un esempio di questa strana “dimenticanza” ci viene offerto dall’inclinazione stessa delle Piramidi successive, calcolabile in 52 gradi; la Grande Piramide risulta però edificata su un angolo quasi impossibile, un angolo non consentito da nessun dato geometrico conosciuto. Questa particolare angolazione, non verificabile esattamente a causa del rivestimento distrutto, potrebbe essere data dal numero aureo; inutile dire che si tratta di una pendenza sicuramente ottenibile attraverso il calcolo ma estremamente complessa da ottenere su scala piramidale.
Perché gli antichi egizi “dimenticarono” improvvisamente i segreti della costruzione di una Piramide?
Problemi temporali.
Da qualunque punto di vista si voglia osservare la questione, risulta molto improbabile che ben tre generazioni di costruttori siano riuscite ad erigere i monumenti di Giza e i loro successori, nel giro di qualche anno, abbiano dimenticato la tecnica di edificazione.
Unica spiegazione logica sarebbe quella che vede i costruttori alle prese con un progetto già esistente, ovvero costretti a dover studiare e riprodurre un monumento che si trovava a Giza prima del loro arrivo e che i Faraoni, scambiandolo per una tomba, decisero di adottare come loro estrema sepoltura.
Ipotizzando che la scelta di Cheope per la sua ultima dimora sia caduta su un monumento già esistente, quali argomenti si potrebbero portare a sostegno? E soprattutto, chi costruì veramente la Grande Piramide?
Cerchiamo intanto di capire per quali motivi questo monumento potrebbe non essere il sepolcro del Faraone; il primo regnante che decise di adottare una Piramide come sepolcro fu Zoser, il quale affidò al proprio architetto il compito di replicare quella che sembrava a tutti gli effetti essere la costruzione perfetta per ospitare il corpo di un Dio; il risultato non fu certo dei migliori, l’architetto realizzò un cumulo di terra e pietre a forma piramidale ma assolutamente lontano dalla perfezione della Grande Piramide. Lo stesso problema interessò Cheope ma la sua soluzione fu molta diversa da quella del suo predecessore; il Faraone decise che, se non era replicabile il progetto già esistente, tanto valeva usarlo al proprio scopo!
Il problema delle iscrizioniAnche se nessuno, stranamente, ne sembra sorpreso e non se ne parli molto in giro, la Grande Piramide non presenta al suo interno alcuna iscrizione; questo è sicuramente un particolare fuori dal comune per una tomba reale ma anche un presupposto che potrebbe confermare come la costruzione venne innalzata per uno scopo differente da quello che l’egittologia ci vuole tramandare.
La Piramide stessa era ricoperta da iscrizioni, almeno all’esterno, secondo quanto ci tramanda Erodono, e non si trattava certo di indicazioni segrete visto che erano esposte alla luce del sole.
Oggi purtroppo questi segni sono scomparsi con il paramano; gli unici segnali rimasti sono quelli che si trovano nella camera sotterranea, dove ancora uno è visibile, inciso sul soffitto e stranamente simile ai petroglifi galiziani che si trovano vicino a Santiago di Compostela. Purtroppo in entrambi i casi il significato ci è ancora ignoto. Altri simboli riscontrabili a Santiago si trovano all’entrata della discenderia, sotto quella che era un tempo una porta di pietra descritta da Andrè Pochan nel suo libro “L’enigma della Grande Piramide”.
L’enigma della costruzione
Chi costruì dunque la Grande Piramide? Non esiste alcuna iscrizione che possa datare con certezza la sua costruzione nei tempi in cui i geroglifici erano in uso, non esiste alcun cartiglio riferibile a Cheope, eppure il monumento si erge prepotente verso il cielo sfidando ogni possibile teoria.
Unica cosa certa sarebbe che il Faraone scelse la Piramide come sua ultima dimora, ma se la costruzione era già esistente sarebbe anche probabile che fece allestire la sua tomba sotto le fondamenta, tanto che nessun ritrovamento è mai stato fatto in merito.
Chi dunque costruì la Piramide?
Dati i dubbi persistenti, non provati, ma sicuramente troppo densi di interrogativi per non essere presi in seria considerazione, una probabile soluzione sarebbe quella di retrocede la costruzione delle Piramidi ancora prima della discesa dei Faraoni dall’Etiopia.
In quel periodo la pianura di Giza doveva certamente essere il luogo ideale per tramandare un messaggio che interessasse non soltanto gli abitanti del luogo ma tutti coloro che avrebbero avuto modo di viaggiare in quei posti; il delta del Nilo è una formazione abbastanza recente dovuta ai depositi alluvionali del fiume stesso; questo significa che un tempo il Mediterraneo giungeva fino al Cairo, ovvero ai piedi della Piana di Giza.
Alla luce di quanto appena riportato sarebbe opportuno rivedere la funzione di quei depositi per le barche ritrovati vicino alle Piramidi, non più mezzi per trasportare il Dio verso la terra degli antenati, come narra la leggenda egizia, bensì depositi per i mezzi di trasporto adoperati dai veri costruttori delle Piramidi.
Furono quindi mariani i misteriosi costruttori della Grande Piramide?
Problemi di interpretazioneIntorno al 1400 a.C., Tutmosi IV, obbedendo a un ordine avuto in sogno, ripulì la Sfinge dalle sabbie che la coprivano; in memoria dell’evento venne posta tra le zampe della scultura una stele con una iscrizione: Oggi purtroppo i segni sono stati cancellati dagli agenti atmosferici, ma ancora nel 1818 era possibile leggere nella tredicesima riga il nome di Chefren.
Dato lo stato di conservazione della stele, non si riuscì purtroppo a stabilire se la traduzione fosse esatta e neanche a stabilire in quale contesto il nome del Faraone fosse citato; il presupposto che la sillaba “chef” si riferisse a Chefren venne sposato dagli studiosi e divenne il legame “storico” che accomunerebbe la Sfinge a Cheope.
Riprendendo la teoria di una preesistenza della Grande Piramide e della stessa Sfinge, è opportuno riportare alcuni fatti: nel 1904, il direttore del British Museum, Sir E. A. Budge, annotò che la Sfinge esisteva già al tempo di Cheope e quasi sicuramente era già, in quello stesso periodo, molto più antica. Se quindi la sillaba “chef” si riferiva a Cheope ne indicava soltanto il primo restauratore e non il costruttore.
Successivamente, nel 1905, l’egittologo americano J. H. Breasted, fece notare come non esistesse alcuna traccia di cartiglio intorno alla sillaba “chef”, fatto abbastanza inconsueto nell’Egitto dinastico, dove i nomi dei Faraoni venivano sempre trascritti all’interno di una cornice ovale. Visto questo presupposto, la sillaba “chef” sarebbe semplicemente un riferimento al sole, e più esattamente si esprimerebbe in termini quali “si alza” oppure “sorge”; in tal senso è giusto far notare che la Sfinge stessa, pur avendo la testa d’uomo, rimane comunque un leone e che il sole di primavera si trovava nel segno del leone tra i 10.000 e gli 8.700 anni a.C.!
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Credo nell'energia che abbraccia ogni cosa, che porta l'uomo ad un passo dal divino pur lasciandolo sempre in bilico tra la luce e le tenebre...credo che il continuo interrogarsi sui misteri del cielo e della terra sia una delle strade che conducono alla consapevolezza di questo avventuroso viaggio hce è la vita. Indagare il noto, molto spesso, risulta essere la strada migliore per svelare l'ignoto, e da questo presupposto si avvia ogni mia ricerca, dai misteri antichi alle pratiche occulte, dall'ipotesi extraterrestre alla simbologia esoterica, incamminandosi tra le varie espressioni del pensiero umano.
Perchè il vero mistero, il più grande di tutti e quello che forse mai si riuscirà completamente a spiegare è l'uomo stesso, a sua volta simbolo, specchio e riflesso di tutti gli arcani che la terra e l'universo abbiano mai prodotto.
Perchè il vero mistero, il più grande di tutti e quello che forse mai si riuscirà completamente a spiegare è l'uomo stesso, a sua volta simbolo, specchio e riflesso di tutti gli arcani che la terra e l'universo abbiano mai prodotto.
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