giovedì 21 giugno 2012

The Blue Room Project







Molto spesso il colore blu viene associato al volo e, in particolare, viene usato come identificativo rispetto a tutto ciò che orbita intorno alla tecnologia aerospaziale e all’aviazione militare.
Si tratta del colore dell’Air Force, che ricorda il cielo e i suoi infiniti misteri; non a caso quindi, dato che uno degli enigmi più impenetrabili è quello degli Ufo, il progetto sviluppato nella base di Wright Patterson venne battezzato “Blue Room Project”.
Su questo identificativo sono sorte decine e decine di ipotesi, tutte legate tra loro da un unico filo conduttore: il progetto Blue Room riguarda artefatti extraterrestri in mano al governo, sarebbe quindi la prova definitiva del fatto che la verità è stata per anni manipolata e abilmente nascosta ai nostri occhi.
Una affermazione del genere, che rispecchia in fondo quel ragionevole dubbio ormai presente nella maggior parte di coloro che, direttamente o indirettamente, seguono la questione Ufo, potrebbe acquistare maggior valore qualora si riuscisse a rispondere con assoluta certezza ad un semplice quesito: esiste veramente il Blue Room Project?

I dati in nostro possesso, provenienti da indagini effettuate da ricercatori indipendenti, riescono a fornirci soltanto due informazioni, due indizi che diventano il punto di partenza per questa indagine: il progetto Blue Room nacque intorno agli Anni ’50 e fu sicuramente operativo nel periodo tra il 1955 e il 1965; esisterebbe uno spezzone di pellicola in 35 mm che documenterebbe quanto classificato all’interno del progetto.
Trovandoci costretti a confrontarci con quelle che, al momento, appaiono come pure e semplici ipotesi, non possiamo fare altro che scavare più a fondo in cerca di notizie più consistenti.
Nel gergo in uso presso l’Intelligence, una Blue Room identifica una porzione di spazio posta all’interno di un edificio di massima sicurezza, uno spazio progettato e attrezzato per contenere elementi classificati ad alta sensibilità o di elevato interesse tecnologico.
A questo punto è lecito supporre che, se Wright Patterson è effettivamente collegata con la questione Ufo, una Blue Room al suo interno non può essere di certo casuale; anche in questo modo, comunque, rimaniamo ancora legati al campo delle ipotesi, proviamo quindi a spostare la nostra attenzione su un altro fronte, quello della documentazione.

Una delle prime richieste inoltrate al FOIA (Freedom of Information Act), venne fatta il 30 dicembre del 1980 dal ricercatore William Moore; il 7 gennaio del 1981, Moore ricevette una laconica risposta da parte della U.S. Air Force attraverso la quale veniva informato che non esiste alcun file riguardante un Progetto Blue Room, così come non esiste materialmente nessuna Blue Room in nessuna delle basi dislocate nel territorio americano.
Nonostante ciò bisogna registrare un evento che sembra smentire queste due affermazioni: il fatto in questione riguarda il senatore ed ex generale Barry Goldwater, il quale, durante una intervista, riferì di un suo colloquio avvenuto nella prima metà degli Anni ’60, con il generale Curtis LeMay. Durante quella conversazione il senatore disse di essere a conoscenza di una stanza nella base di Wright Patterson nella quale venivano custodite attrezzature e macchinari posti sotto il massimo codice di segretezza.
Si potrebbe ovviamente obiettare che non necessariamente il senso di questa frase debba essere riferito a materiali di origine aliena, potrebbe anche trattarsi di tecnologia terrestre in fase di sperimentazione, questo però non chiarisce per quale motivo, quando Goldwater chiese di accedere alla sala, gli venne bruscamente negato il permesso.
Riconoscendo che anche questo dubbio non scioglie completamente le riserve sulla questione, non ci resta che passare ad un successivo documento, la lettera di un privato cittadino, Brian Parks, indirizzata al FOIA; proprio a questa lettera i militari risposero in maniera del tutto sorprendente, contraddicendo quanto scritto in risposta a William Moore.
“…esiste una sala chiamata Blue Room ma tutti i file e i documenti che la riguardano, siano essi fotografici che contributi video, sono stati bruciati”!
L’Air Force ammette quindi l’esistenza di una Blue Room, un progetto in funzione già da anni che per qualche misterioso motivo è stato soppresso, arrivando addirittura a distruggere completamente ogni tipo di documentazione.

La lettera riportata in foto è del tutto chiara, riporta un numero di progetto e un numero di identificazione USAF entrambi relativi alla Blue Room; i fraintendimenti, a questo punto, sono ridotti al minimo: i filmati girati in 35 mm sono stati distrutti, insieme a tutto il resto del materiale, il 9 settembre del 1965, stranamente dopo qualche anno dall’interesse manifestato da Goldwater e dal rifiuto di fargli visitare il progetto.
Il Blue Room Project quindi, come la stessa lettera conferma, venne avviato nel 1955 e andò avanti per diversi anni; i relativi filmati vennero distrutti (?) dalle Forze Armate nel 1965; il colonnello Anderson, che firma la lettera, fornisce anche un numero di protocollo e un identificativo.
Potremmo a questo punto ragionevolmente affermare che un Blue Room Project è effettivamente esistito, anche se non possiamo con altrettanta certezza identificare di cosa il progetto stesso si occupasse.
L’indagine sarebbe quindi chiusa, ma in realtà non è così!

La questione si complica

Proprio quando alcuni dubbi stavano per sciogliersi la questione si complica; d’altra parte chiunque abbia un minimo di esperienza rispetto a questo tipo di indagini non dovrebbe certo stupirsi.
Nel maggio del 2012 Anthony Bragaglia spedisce una mail al centro richieste del FOIA, chiedendo maggiori delucidazioni rispetto al progetto Blue Book.
Dopo poco tempo una mail di risposta lo avvisa del fatto che è stato assegnato un numero di protocollo alla sua richiesta; passano ancora pochi giorni e una nuova mail, firmata Lynn Kane Centro Analisi FOIA, lo avvisa che la sua richiesta è stata girata al NASIC (National Air and Space Intelligence Center), il quale si ripromette di rispondere al più presto essendo l’ente al quale fa riferimento il Blue Room Project.
In pratica, nella risposta, Lynne Kane, ammette nuovamente che l’Air Force è a conoscenza del Blue Room Project, che questo è stato ospitato presso la base di Wright Patterson, e che adesso è parte del NASIC che ne è responsabile.
Questa risposta riapre l’intera questione e aggiunge una nuova, curiosa, coincidenza al discorso rimasto in sospeso che riguardava la vera finalità della Blue Room.
Pur confermando ancora una volta l’esistenza del Progetto non si accenna a nessuna distruzione o chiusura dello stesso, mentre il riferimento al NASIC risulta particolarmente curioso, visto che proprio in un documento rilasciato da questa organizzazione, documento che ne definisce la mission, si legge testualmente: “…raccogliere e analizzare dati di intelligence su attuali e future minacce provenienti dall’aria e dallo spazio”.
La tentazione di accostare questo estratto all’idea diffusa che la Blue Room contenga reperti alieni è di certo molto forte, ma andiamo avanti con il nostro racconto.
Il 17 maggio 2012, ad appena tre giorni dall’ultima mail, Bragaglia riceve una lettera che fa cadere nuovamente un velo misterioso sull’intero caso.

“Department of the Air Force
National Air & Space Intelligence Center (AF ISR Agency)
Wright-Patterson AFB Ohio

17 maggio 2012
NASIC / SCOK (FOIA)
4180 Watson Way
Wright-Patterson AFB OH 45433-5648

Mr. Anthony Bragalia
(Indirizzo)

Gentile Signor Bragalia:

Questa lettera viene scritta in merito alla sua richiesta, datata 26 aprile 2012 e indirizzata al Freedom of Information Act (FOIA), in merito ai record relativi al "Blue Room".Alla sua richiesta è stato assegnato il numero di protocollo FOIA 2012-03668-F.
E’ stata condotta una ricerca in merito ai record da lei richiesti, ma senza nessun risultato.
Abbiamo cercato più volte in passato per quanto riguarda i record associati a "Blue Room" ma senza alcun esito. Qualora interpretasse questa risposta come una negazione di informazioni potrà appellarsi al segretario dell'Air Force entro 60 giorni dalla data della presente lettera. In questo caso dovrà allegare al suo appello i motivi per il riesame e una copia della presente lettera. L'appello sarà trasmesso al segretario dell'Air Force, Thru: NASIC / SCK (FOIA), 4180 Way Watson, Wright-Patterson AFB OH 4533-5648.

Cordiali saluti,
Gery D. Huelsman
Libertà NASIC Manager Information Act”

Se non esiste alcun record, a cosa si riferiva il colonnello Anderson?
Questa stessa domanda venne rivolta da Bragaglia il 5 giugno 2012 proprio al NASIC, insieme a un altro dubbio: come avrebbe fatto il colonnello Anderson ad ammettere che la pellicola della Blue Room era stata distrutta se di questa misteriosa camera non esiste alcun record? Quali fonti aveva consultato? Se non esiste alcun record da dove provengono i numeri di identificazione riportati nella risposta?
In merito alle nuove richiesta si attende ancora una risposta; sembra quasi di assistere ad un remake della vicenda che ebbe come protagonista la misteriosa IPU (Interplanetary Phenomenon Unit), sulla quale ancora si attendono risposte, ma questa è un’altra storia, l’ennesimo racconto di verità nascoste che purtroppo sembra ormai diventato così comune quando si cerca di capire cosa realmente si muove dietro gli spessi drappi che nascondono il potere ai nostri occhi.

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