venerdì 12 marzo 2010

Misteri siciliani: "Santuna"


Anticamente, sul monte Ida, gli spiriti danzavano agli ordini della Grande Madre, battendo le armi e gli scudi per distrarre il terribile Crono.
Questo è quanto racconta la mitologia intorno a questo monte sacro identificato nella Troade, in Asia Minore; in realtà i monti Ida sarebbero due: il primo è quello del quale abbiamo appena parlato, mentre il secondo si trova nell'isola di Creta.
Questa mitica altura è connessa al nome di una antica Dea, Ida o Da, nome che venne in seguito conservato nella figura di Demetra.
Gli echi della Grande Madre sono ancora oggi palpabili in alcune località della Sicilia; quella che abbiamo scelto oggi si trova nei pressi di Palazzolo Acreide e, anche se poco conosciuta, conserva un antico mistero legato proprio al culto di Cibele, la Grande Madre del monte Ida.
I Santuna ai quali facciamo riferimento sono dodici enormi altorilievi, realizzati intorno al III Secolo a.C., che emergono dalla roccia bianca, inquietanti presenza per la gente del luogo, che ancora oggi lascia intravedere un velato senso di antica riverenza.
Le prime testimonianze scritte risalgono alla seconda metà del Settento, redatte dal Principe Ignazio Paternò Castello, profondamente colpito dall'aura mistica che sprigionava l'intero sito archeologico.
Pochi anni dopo, Jean Houdel, pubblica l'opera "Voyage pittoresque", dedicando ai Santuna ben tre tavole; le riproduzioni, non proprio fedeli, portarono a confondere l'effige della Grande Madre con una divinità degli inferi, innescando un pensiero ai limiti della superstizione che sopravvisse per decenni.
Quello che rimane è comunque il maggior santuario finora noto, dedicato al culto della Dea Cibele, una intera montagna posta a testimonianza della Grande Madre, dove tutto è sacro poichè parte viva della Dea, comprese le balze selvagge nella quali vennero scolpite le sue immagini.
Una testimonianza poco conosciuta ancora in attesa di essere approfondita, custode di un antico passato che grida ancora i suoi misteri e non trova spesso orecchie disposte all'ascolto.

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