lunedì 20 agosto 2012

METALAW: una legge per lo spazio e alcune riflessioni.



Il 1957 è stato di certo un anno ricco di avvenimenti:viene lanciato in orbita lo Sputnik 2, la prima sonda con a bordo un essere vivente, la cagnolina Kudryavka (erroneamente chiamata “Laika”, mentre lo Sputnik, il mattino del 4 ottobre, inizia a girare intorno alla Terra lanciando il suo bip. Questi ed altri avvenimenti vengono ancora ricordati a discapito di altre storie, che forse non sono riuscite a destare il giusto interesse nei media, oppure che non sono state lette usando una visione globale che avrebbe di certo lasciato intravedere scenari futuri abbastanza singolari.
Una di queste storie riguarda il professor Andrew Haley di Harvard, che proprio nel 1957 si fece promotore di un Progetto di Legge dello Spazio, un nuovo ramo della giurisprudenza nel quale, tra le altre cose, si affermava: "...la Metalaw tratta di ogni tipo di esistenza: esseri intelligenti di specie diverse...".
La Metalaw, questo il nome dato alla nuova proposta di legge, venne presentata all'ONU, e il 20 dicembre del 1961 vennero divulgate le seguenti specifiche: "...lo spazio esterno e i corpi celesti sono disponibili per l'esplorazione e l'uso da parte di tutti gli Stati, conformemente al Diritto Internazionale, e non sono suscettibili di appropriazione nazionale...". Successivamente, nel 1962, un gruppo di giuristi sovietici proposero una nuova clausola: "...i firmatari di questo trattato considereranno gli astronauti come messaggeri dell'umanità nello spazio...".
Questa sorta di Magna Carta dello Spazio venne adottata durante una riunione tenutasi a Bogotà nel 1961, promossa dall'Associazione interamericana degli avvocati. Nella Parte Seconda, chiamata Affari Interplanetari, si afferma: "...nel caso che venga dimostrata l'esistenza di esseri intelligenti su un altro mondo, la loro sovranità sarà riconosciuta e le loro leggi rispettate da tutti i popoli della Terra".
La Metalaw venne in seguito ferocemente contestata ma rimane un fatto dal quale scaturiscono interessanti considerazioni.
La prima considerazione da fare è abbastanza evidente: per quale motivo inserire una sezione chiamata Affari Interplanetari se ancora in quel periodo l’ipotesi extraterrestre era considerata, almeno ufficialmente, soltanto un prodotto della fervida immaginazione di pochi sognatori?
Possibile credere che Andrew Haley appartenesse a questo sparuto gruppo?
Se una o più persone, ben inserite nel tessuto sociale, con una posizione invidiabile e di certo poco inclini a fantasticare, sentirono il bisogno di mettere nero su bianco un pacchetto di leggi che regolamentasse le attività e gli affari terrestri nello spazio, oltre che i rapporti con esseri intelligenti non terrestri, di certo l’ipotesi extraterrestre, già in quel periodo, era molto di più che una semplice congettura.
Possiamo quindi dedurre che, a dispetto di quanto si voglia far credere, sono sempre stati in molti i membri della comunità scientifica, e non solo, a prendere seriamente in considerazione l’esistenza di forme di vita senzienti su altri pianeti.
Ma ritorniamo al 1957.
Il bisogno di sviluppare un sistema praticabile di leggi applicabili ai rapporti tra umani e alieni sembra in qualche modo anticipare il grande dibattito che avrebbe avuto modo di svilupparsi nei decenni successivi.
In un periodo nel quale il termine Disclosure assume sempre maggiore importanza, proprio quando l’interazione tra alieni e umani sembra aumentare in modo esponenziale (sia pure sotto aspetti e forme diverse e spesso contrastanti), in uno scenario nel quale è ormai evidente il ruolo che ha avuto l’enorme operazione di Cover Up iniziata proprio a ridosso della nascita della moderna ufologia, sapere che già negli Anni ’50 ci si preoccupava sugli eventuali rapporti da instaurare con gli abitanti dello spazio da una parte sembra rincuorarci, pur mettendo a nudo alcune particolari evidenze.
Risulta per alcuni aspetti fuori luogo sapere che, nella prospettiva di un avvenimento così epocale, l’unica preoccupazione degli umani è quella di poter controllare gli affari interplanetari, così come risulta abbastanza arrogante l’idea di voler costringere una o più civiltà alle nostre leggi, tra l’altro espressamente di parte.
Lo scenario ipotizzato dalla Metalaw non è poi così differente da quello che facilmente si potrebbe immaginare; considerando la vastità dell’universo esistono delle percentuali quasi alla pari riguardo ad un incontro con civiltà più avanzate rispetto alla nostra oppure molto meno progredite.
L’idea di Haley nasce proprio da questa considerazione: una volta effettuato il contatto come dovremmo comportarci? Avremo di fronte dei selvaggi conquistatori o esseri pacifici? Quali dovrebbero essere le leggi e le attribuzioni di responsabilità durante la loro permanenza nel nostro sistema solare?
Trovandoci noi nella condizione di essere la razza superiore quali sarebbero i nostri doveri?
Sono tutti interrogativi che, ad una prima lettura, sembrano del tutto legittimi, ma osserviamoli meglio, proviamo a leggere dietro le righe.
Possibile immaginare una razza aliena con un grado di intelligenza, e di conseguenza di tecnologia, inferiore alla nostra che sia capace di compiere un viaggio interstellare?
Quale diritto avrebbero gli umani di rivestire la carica di amministratori o educatori (come si legge nella Metalaw) nei confronti dei nostri visitatori?
La questione, a ben vedere, non è poi così lontana da una realtà già fin troppo conosciuta nel nostro pianeta; si tratta della realtà che vissero i Nativi Americani, spodestati delle loro terre e ridotti ad attrazione turistica, la realtà dei Guanches delle Canarie, usati come torce umane per segnalare la presenza dei conquistadores alle navi spagnole in arrivo, la realtà degli schiavi africani, dei Maya, e di tutti quei popoli vittime dell’inganno che si cela dietro i termini cooperazione, fratellanza, aiuto nella crescita e nella migliore amministrazione delle risorse, soprattutto quando questi termini sono contenuti in un disegno di legge.
Il tema dello scontro di civiltà, implicitamente contenuto nella Metalaw, non è del tutto nuovo; venne affrontato dall’astronomo Carl Sagan e dallo storico americano WH Mc Neill; il primo adombrò l’ipotesi di una sorta di selezione naturale dalla quale soltanto il più forte sarebbe uscito vincitore, mentre McNeill, ancora più scettico, ipotizzò uno scontro fisico diretto con la conseguente fine della civiltà umana.
Anche queste ipotesi ci portano a dover riflettere su alcuni avvenimenti; per quanto oggi si tenda a credere che la società sia ormai pronta al contatto, è anche vero che un tale scenario avrebbe effetti diversi e diverse ricadute psicologiche, si instaurerebbero credenze e dipendenze in contrasto tra loro, basti pensare ad esempio alla nascita dei cosiddetti Culti Cargo.
Un contatto in pratica determinerebbe il bisogno di una scelta ben precisa: chi sarà il dominante? Chi il dominatore?
Altra questione non certo di poca rilevanza: leggi e diritti regolano la convivenza civile sul nostro pianeta e gestiscono i rapporti tra persone, istituzioni e quanto altro coinvolto nella sfera del nostro quotidiano.
Da questo è facile evincere che stiamo parlando di esseri umani, cioè di coloro che vengono descritti come personalità giuridiche, di persone che si ritrovano cumulativamente raggruppati in questo termine anche perché fisicamente e idealmente riconoscibili tra loro.
In previsione di un contatto, saremmo disposti a riconoscere agli alieni lo status di persona? Tratteremmo i nostri eventuali visitatori, che potrebbero essere sostanzialmente diversi da noi, alla stessa stregua di quelle che consideriamo persone fisiche e giuridiche?
Proviamo a vedere come ci siamo comportati con i nostri stessi simili riguardo a questo specifico argomento.
Le donne, i neri, gli ebrei, e molti altri ancora hanno sempre dovuto lottare per avere riconosciuti i loro diritti, non erano anche loro persone simili a noi in aspetto e intelligenza? In realtà l’Homo Sapiens ha sempre cercato di creare una vasta cerchia di persone che posseggano tratti, colore della pelle, posizione sociale e rilevanza culturale simili tra loro, escludendo di fatto coloro che non posseggono una o più delle caratteristiche elencate.
Chi non appartiene alla classe dominante viene considerato diverso, straniero, basta osservare l’atteggiamento tenuto nei confronti degli extracomunitari.
Non si tratta di una questione di sicurezza, di monitoraggio delle attività criminali o terroristiche, si tratta in realtà del dover constatare che da sempre, durante la parabola della nostra civiltà, l’uomo è stato tendenzialmente portato a mettere da parte il diverso, soprattutto quando quest’ultimo si presenta fisicamente, ideologicamente o culturalmente lontano dall’idea dominante.
Immaginiamo adesso cosa potrebbe accadere se una ipotetica astronave entrasse in contatto con noi e si rivelasse pilotata da esseri dalle sembianze tutt’altro che umane (cosa che rientra nell’arco delle probabilità viste le differenti condizioni atmosferiche degli altri pianeti).
Macchine, piante e animali sono stati da sempre per comune (e aggiungerei errata) definizione di proprietà dell’uomo, esiste addirittura una ben precisa definizione giuridica che riguarda l’animale: “…un essere vivente, non un essere umano, dotato della capacità del movimento volontario…”.
Gli alieni sarebbero quindi considerati degli animali sotto le nostre leggi.
Per la legge quindi, così come per la Metalaw, gli eventuali visitatori provenienti da altri mondi, ovvero coloro che incarnerebbero uno dei momenti storici più alti e importanti di tutta la nostra esistenza e che darebbero finalmente una risposta all’inquietante interrogativo che da sempre ci perseguita (siamo soli nell’universo?), sarebbero considerati alla stessa stregua di un gatto randagio; chi siamo noi per operare in tal modo?
Il quesito appena posto possiede in realtà radici molto più antiche, basti pensare infatti che, nonostante migliaia di anni spesi a legiferare, catalogare e tentare di mettere in ordine la nostra vita e la nostra presenza su questo pianeta, non siamo ancora riusciti ad affrontare la questione più importante: che cosa siamo? Cosa si intende esattamente con il termine uomo? Cosa ci distingue, e quindi ipoteticamente ci mette in una condizione di superiorità, da tutte le altre manifestazioni della vita?
Si potrebbe risolvere il problema rispondendo che l’essenza di una persona è rappresentata dalla sua appartenenza genetica all’Homo Sapiens, si tratterebbe però di una soluzione eccessivamente restrittiva, così come altrettanto impraticabile sembra la soluzione che mette in ballo l’intelligenza, la capacità di linguaggio o quella di fare frutto dell’esperienza acquisita.
Molti animali, tra i quali i delfini, denotano una intelligenza estremamente elevata ma non sono considerati come persone; allo stesso modo soggetti malati o disturbati, con quozienti di intelligenza e capacità manuali vicine allo zero vengono considerati come persone giuridiche.
Questi termini di paragone, ovviamente, potrebbero anche essere posti rispetto alla questione aliena; essere in possesso di alta tecnologia o di incredibili navi spaziali non necessariamente è un segno di intelligenza o spiccata personalità.
Roland Puccetti, professore di filosofia presso l’Università di Singapore, propose negli Anni ’70 una diversa interpretazione del problema, consigliando di cambiare il termine “persone giuridiche” con “persone morali”; in questo senso chiunque sia in grado di assumere un atteggiamento morale oppure in grado di dare dei giudizi etico morali, sarebbe da considerare una persona, al di là della sua appartenenza a meno a questo pianeta.
Il massimo dell’arroganza umana rispetto alla questione ET si registra però nel 1953, ad opera dello scrittore francese Jean Bruller e dalla sua idea della consapevolezza di se stessi.
Gli animali, in pratica, separati dal loro ambiente, perdono la consapevolezza di se stessi, non sanno riconoscersi; questo è quello che distinguerebbe l’essere umano dalle altre specie, la capacità di percepire se stesso. Seguendo questo ordine di idee, gli alieni potrebbero rientrare nelle nostre leggi soltanto dopo aver dimostrato di avere una qualche forma di consapevolezza.
Difficile sostenere una tale ipotesi che può essere portata avanti soltanto in virtù del nome e della notorietà del suo divulgatore; come possiamo mai pensare che esseri capaci di comunicare telepaticamente, in grado di aprire le coscienze, in possesso di una conoscenza tale che gli consente di affrontare viaggi nello spazio a noi ancora oggi proibiti, non sia in grado di percepirsi?
Rimane infine da osservare l’aspetto che si collega direttamente alla questione esopolitica, anche se molti dei pensieri esposti necessiterebbero di un maggior approfondimento purtroppo negato dai rigidi spazi della divulgazione digitale.
Tutti sappiamo quanto la storia dell’espansione umana sia stata soggetta ad ogni tipo di sottomissione, colonizzazione e sfruttamento; uomini venduti in pubblici mercati, nazioni tecnologicamente avanzate in lotta tra loro per sfruttare il sempre verde mercato di un Terzo Mondo mantenuto tale in quanto fonte di perenne profitto.
Gli umani hanno da sempre sviluppato un estremo bisogno di sicurezza contro gli stranieri, e non sono stati certo gli alieni che hanno inculcato nelle nostre menti la necessità alla difesa, lo abbiamo fatto da soli, con il nostro avido desiderio di possedere, colonizzare e soggiogare chiunque ritenessimo diverso o inferiore a noi.
Se proviamo a ribaltare i termini della questione, lo stesso requisito primario alla sicurezza potrebbero averlo tutte le razze extraterrestri, un principio che sarebbe alla base di ogni loro tentativo di interazione.
Altro aspetto legato in qualche modo alla legge sarebbe quello della non interferenza, uno scenario del quale si è spesso parlato, soprattutto in risposta alla classiche domande: “perché non si fanno vedere? Perché non intervengono?”.
L’essenza della non interferenza è quella di lasciare evolvere le altre culture in modo autonomo, senza alcun aiuto diretto o indiretto.
In questo caso, ovviamente, soltanto se questa civiltà verrà mantenuta in completo isolamento conquisterà una propria integrità culturale, cosa che difficilmente avviene in quanto basta già soltanto sapere dell’esistenza degli “altri” perché si crei una interferenza nello sviluppo.
Esiste infine quella che viene definita la “Tegola d’Oro”, in base alla quale dovremmo trattare gli alieni così come vorremmo che fossimo trattati noi e comportarci nei loro confronti come vorremmo che loro facessero nei nostri.
Un discorso a prima vista ragionevole ma indiscutibilmente antropocentrico poiché esprime il riflesso delle esigenze soggettive e dei desideri degli esseri umani.
Nel coacervo di idee, suggerimenti e norme generate dalla Metalaw, nacquero nel 1970 undici regole base fornite dal giurista austriaco e scrittore legale Ernst Fasan, un sofisticato sistema di comportamenti applicabile a tutti gli esseri senzienti dell’universo.
Le regole del Dottor Fasan nacquero appoggiandosi al complemento filosofico dell’imperativo categorico di Immanuel Kant, che espresso nella forma più semplice possibile si articola in queste due affermazioni: “inutile intraprendere alcuna azione se questa non è ritenuta valida” – “nessuna azione deve essere intrapresa se questa porta ad un risultato contradditorio o distruttivo”.
Utilizzando i pensieri di Kant il dottor Fasan concepì undici metalaws alle quali attribuì validità universale:

Nessun partner aderente alla Metalaw può chiedere qualcosa di impossibile.
Nessuna norma Metalaw può essere rispettata se la sua conseguenza sarebbe negativa.
Tutte le intelligenze dell’universo posseggono il principio della parità di diritti e valori.
Ogni partner ha diritto di autodeterminazione.
Ogni atto che causi danno a un’altra razza deve essere evitato.
Ogni razza ha diritto ad un proprio spazio.
Ogni razza ha il diritto di difendersi contro qualsiasi atto dannoso portato da un’altra razza.
Il principio di preservazione di una razza ha la priorità sullo sviluppo di un’altra razza.
In caso di danni il colpevole dovrà ripristinare l’integrità del danneggiato.
Tutti gli accordi devono essere mantenuti.
Aiutare un’altra razza è un principio etico fondamentale.

Questi principi potrebbero diventare un giorno una questione di sopravvivenza in uno scenario esopolitico che si evolverebbe in piena fase di contatto alieno.
Quando un giorno questo contatto avverrà dovremo necessariamente essere preparati, non avremo una seconda occasione.

Approfondimenti:

Carl Sagan, Comunicazione con Intelligenze Extraterrestri (CETI). The MIT Press, Cambridge, 1973

Andrew G. Haley, "Law Spazio e Metalaw - una visione sinottica." Roma: Associazione Italiana Razzi, Atti del Settimo Congresso Astronautico Internazionale, 1956

Ernst Fasan; Rapporti con intelligenze aliene Berlin-Verlag, 1970

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