martedì 12 marzo 2013

Credere, non credere: il dilemma degli opposti

La metà degli anni Novanta si distinse, nell’ambito della divulgazione di argomenti dedicati al Mistero, per una notevole presenza in edicola di varie riviste dedicate a questi argomenti. Molte erano vere e proprie vetrine del sensazionalismo, altre tentavano di percorrere una via di mezzo, nonostante la spietata legge dell’editoria che richiede, sempre e comunque, risultati di vendita più che apprezzabili. Tra i numerosi titoli in vetrina si distingueva una produzione delle edizione Cioè (Roma), dal titolo molto generalista ma di certo accattivante, I Misteri; tale distinzione era dovuta ad una linea editoriale che tendeva ad un confronto tra la scienza ufficiale, gli scettici e i vari divulgatori. Al suo interno figurava una rubrica dal titolo “Il dito nell’occhio”, immagine di certo esplicativa rispetto al taglio giornalistico, soprattutto quando si incontrava il sottotitolo: “la voce di chi non ci crede”. Il numero relativo ai mesi di novembre/dicembre 1996, ospitava proprio all’interno di questa rubrica l’intervento di Marco Cagnotti, una analisi dell’ingenuità con la quale molte persone si approcciano alle tematiche misteriose, della disponibilità con la quale sono pronti ad abbracciare qualsiasi narrazione fantastica, del bisogno di credere a tutti i costi, anche di fronte all’evidenza della frode, ma in questo caso anche lo spunto per una, sia pur tardiva, risposta. L’affermazione finale era “….credere a oltranza è più importante che prendere ogni affermazione con spirito critico per capire come stiano davvero le cose.”. Si tratta ovviamente di una esternazione più che plausibile, soprattutto quando ci si accorge che descrive pienamente quell’aspetto fin troppo incline al facile entusiasmo che non è certo un mistero; volendo però approfondire l’intero scenario non si può non tenere conto del classico “rovescio della medaglia”. Se credere a oltranza rappresenta un estremo per certi versi deleterio alla ricerca stessa, negare a oltranza non è certo un’attitudine che porta ad un sereno e proficuo confronto. La trappola si colloca proprio nel dilemma degli opposti…credere a oltranza crea nel tempo un atteggiamento chiuso e scontroso, lo stesso atteggiamento che caratterizza chi nega a oltranza; allo stesso modo il bisogno quasi incontrollabile di dover necessariamente smentire crea assuefazione tanto quanto il voler credere a tutti i costi. Vittima dello scontro tra gli opposti è proprio lo spirito critico, quello che dovrebbe fungere da linea di confine, che dovrebbe avere la capacità e l’autorevolezza per smentire e rifiutare le affermazioni fantastiche, ma anche il coraggio di fare un passo indietro in presenza di oggettive difficoltà nell’affermare la propria negazione. Non sapremo mai come stanno veramente le cose, forse è proprio questo il problema; si dovrebbe riuscire a star fuori dall’insana idea di aver scoperto tutto, dall’egoistico pensiero che non esistano più misteri per la scienza ortodossa, così come si dovrebbe avere la buona volontà di pensare che non tutto deve necessariamente appartenere all’inspiegabile. Logica, coraggio, autorevolezza; basterebbero questi tre principi per ricacciare nell’oblio falsi maghi, sedicenti santoni, improponibili messaggeri delle stelle, a patto che si lasci sempre uno spiraglio aperto, una possibilità da vagliare, quel sereno modo di giudicare che si muove in maniera raziocinante tra scienza e fantastico, pronto a testimoniare la realtà dei fatti ma altrettanto pronto al confronto quando tale realtà sfugge ad ogni legge conosciuta.

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